23 Aprile 2010
COLDIRETTI, E’ CROLLO PER I PREZZI IN CAMPO

I prezzi dei prodotti agricoli in campagna, evidenzia il presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi, si sono ridotti del 38 per cento per ortaggi e legumi, del 21 per cento per la frutta fresca e dell’ 8 per cento per i cereali, oltre che per i vini e i prodotti di allevamento.
Non penso siano necessari ulteriori commenti, anche perché i consumatori italiani non hanno beneficiato della forte riduzione dei prezzi agricoli: pochi centesimi pagati agli agricoltori nei campi diventano euro al consumo con il risultato, continua Bisi, di un aumento della forbice nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola durante il quale i prezzi degli alimenti moltiplicano oggi in media cinque volte.
Si tratta, ribadisce Marco Crotti, presidente del Consorzio Interregionale Ortofrutticoli,  di un forte ostacolo alla ripresa economica in un Paese dove quasi un euro su quattro si spende per la tavola con gli acquisti di alimentari e bevande che ammontano complessivamente a 215 miliardi di euro all'anno, con l'agroalimentare che svolge peraltro una funzione da traino per l'intero Made in Italy all'estero.
La soluzione al problema di questa forbice tra i prezzi al campo e sullo scaffale, continua Crotti, potrebbe essere rappresentata dalla sinergia reale e concreta fra gli attori della filiera agricola. Una filiera che dovrebbe essere completamente italiana e capace di fornire al consumatore l’altissimo livello della produzione attraverso minori passaggi e l’eliminazione delle speculazioni, un reddito più adeguato per i produttori e un risparmio effettivo per i consumatori. Sussiste attualmente, una forte distorsione che danneggia il sistema economico e sociale, occorre puntare sui nostri prodotti di eccellenza, come vino, pomodoro e formaggi di qualità.
Se pensiamo al pomodoro, conclude Crotti, le importazioni “incontrollate” registrate nel corso del 2009, (oltre 160 milioni di chilogrammi di concentrato di pomodoro triplo, di cui oltre 70 milioni dagli Usa e oltre 75 milioni dalla Cina) ha causato enormi danni alla filiera italiana. Infatti convertendo questa quantità in pomodoro fresco, è come se l’industria avesse acquistato, in aggiunta a quelli prodotti in Italia, oltre 11 milioni di quintali di pomodoro da trasformare (pari al 19% della produzione nazionale). Occorrono quindi regole certe e trasparenza, e quindi una indicazione obbligatoria dell’origine; solo così il consumatore potrà effettuare scelte consapevoli e potrà realizzarsi una concorrenza leale sul mercato, per riconoscere alle nostre aziende maggiore competitività e un reddito adeguato alla qualità delle produzioni.

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